ART BRUT, L' ARTE OLTRE IL BELLO
ART BRUT, L'ARTE OLTRE IL BELLO
diMValenza
Notoriamente quando parliamo di un’opera d’arte la pensiamo bella, aggraziata e con i dovuti equilibri, convenzioni insite nella nostra cultura. Ma non tutte le opere d’arte vanno queste direzioni, o meglio, nontutte riportano almeno una delle caratteristiche citate.
Questo perché nel Novecento è cambiato, tra le altre cose, anche il concetto di arte.
È in questo secolo che sono nate le avanguardie: uomini, manifesti, pensieri e parole che hanno messo in crisi il concetto estetico del bello e dell’arte stessa. Infatti basti pensare che si passa dalle ottocentesche Odalische di Ingres alle novecentesche Demoiseilles D’Avignon di Picasso. Arte d’avanguardia che ha scosso animi e critiche degli uomini del tempo che hanno fatto fatica – come facciamo noi oggi – ad accettare l’arte a loro contemporanea. Tra i tanti, l’arte d’avanguardia ha la colpa - o il merito - di essere stata giudicata negativamente dai vertici il regime nazista che nel 1937 inaugurarono una mostra itinerante dal titolo “Entartete Kunst"" (Arte degenerata), esponendo tutte le forme d’arte che, arditamente, si allontanavano dai canoni estetici del Reich. Ma in quella mostra non potevamo trovare solo opere di artisti avanguardisti come Kandinskij e Klee, ma anche dipinti e disegni di personalità disturbate, uomini e donne rinchiusi nei manicomi e case di cura. Era l’alba dell’Art Brut, termine che successivamente fu coniato da Dubuffet per indicare la produzione artistiche di internati e soggetti con disturbi mentali. Il temine francese brut, non è da ricercare nella traduzione italiana “brutto”, ma piuttosto va visto come rozzo, grezzo, cioè come qualcosa che è trasmesso senza filtri, in maniera energica e spontanea. La spontaneità che diventa bisogno d’espressione, qualcosa che da dentro, nello stomaco, ha bisogno di uscire per rendere visibile lo stato emotivo dell’essere. Padre dell’Arte Brut come anticipato è Dubuffet, artista e teorico che nel 1947 conia il termine e redige insieme a Breton il manifesto di questa nuova arte.
Nasce così l’attenzione per un’arte che non circola nei salotti accademici, pregni diricerche estetiche, ma abita quei luoghi di dolore fisico e mentale che sono i manicomi. Negli anni 60’ ilfenomeno dell’Art Brut inizia a interessare la critica dell’arte europea, tant’è che Dubuffet tiene la prima personale al Schloss Morsbroich a Leverkusen . A questa seguono anche le personali al Musée des ArtsDécoratifs di Parigi, al Museum of Modern Art di New York, allo Stedelijk Museum di Amsterdam, alla TateGallery di Londra e alla Solomon R. Guggenheim Museum di New York. Forte di questo successo Dubuffetdecide, donando la propria collezione, di fondare a Losanna il primo museo sull’Art Brut. Sede del museodiviene un ex manicomio che da luogo di reclusione si trasforma nella voce sonante degli ultimi, mostrandopensieri e mondi visibili nelle opere di questi outsider. Tra le sale del museo le opere ci vomitano, senzamezzi termini, l’ardua vita di chi, escluso dalla società, si è trovato costretto a rifugiarsi in un mondoparallelo. Ecco che l’arte diventa un veicolo, un bisogno fisico ancor prima che intellettuale che tali soggettihanno avuto per manifestare quel mondo e quella visione che esce dagli schemi e che ancora oggisconvolge noi che siamo al di qua del recinto.
dai un' occhiata a http://www.treccani.it/enciclopedia/art-brut/
MarcoValenza2020
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