TURNER: L'UOMO CHE SCOPRÌ LA LUCE IN ITALIA
TURNER: L'UOMO CHE SCOPRÌ LA LUCE IN ITALIA
di MValenza
Si sa,
un’opera d’arte se è tale deve far viaggiare, portare lo spettatore oltre
rispetto a quello che ha davanti, trasferendolo
su altri mondi per sentire emozioni sconosciute. Ma l’arte può essere
anche un pretesto per viaggiare, oltre che con i sensi, anche fisicamente? No,
non mi riferisco ai milioni di turisti che affollano le città italiane
accalcandosi davanti alla Venere del Botticelli, oppure in Piazza dei Miracoli
a far finta di sorreggere la Torre… Mi riferisco a quei viaggi che temerari
artisti hanno compiuto per arricchire mente, spirito, conoscenza e tavolozza.
Viaggi che cambiano una visione, un modo di
fare arte, viaggi che mutano
l’anima di un uomo. La risposta a tutto questo è certamente sì.
Infatti
sono tanti i casi di artisti, contemporanei certamente, ma anche di epoche
passate, che hanno preso zaino, colori e tavolozza e sono partiti verso mete
lontane. Un esempio, forse tra i più noti, è quello di Turner, pittore inglese
che con la sua visione romanica ha descritto la potenza della natura e che grazie alla sua esperienza
italiana ha illuminato la sua tavolozza.
Esperienza composta da cinque viaggi in tutto, fatti in vari momenti
della sua vita che ne hanno dettato, ogni volta, una nuova maturazione
artistica. Il primo, quello del 1802, vide un giovane Turner lasciare la plumbea
Londra per visitare prima Germania e Francia e poi arrivare, finalmente, nel
nord Italia. Questa prima esperienza segnò l’artista che al ritorno cambiò l’aspetto cromatico della sua tavolozza
virando verso colori più chiari. Il secondo
viaggio, diremo oggi della vita, Turner lo fece qualche anno dopo, nel
1818, ma questa volta il pittore inglese non si fermò a nord, ma discese visitando, tra le tante
città, Milano, Verona, Venezia, Bologna, Firenze,
Roma, Napoli e Paestum. Secondo
viaggio italiano che segnò la sua
carriera mostrando all’artista la grande Roma dei papi e la chiara e calda luce
meridionale di Napoli. Al ritorno l’artista non fu lo stesso, la sua tavolozza
si fece ancora più luminosa, attenta a restituire allo spettatore gli affetti luministici. Aspetti che ricercò
nel 1828 con il terzo viaggio, in cui
l’artista si fermò perlopiù a Roma dove ebbe
modo di confrontarsi con le rovine antiche e con una città in forte
cambiamento. Sono gli anni in cui
l’artista comincia a sperimentare una
nuova tecnica pittorica, una visione fatta più per contrasti di luce che
per linee e forme. Gli ultimi due viaggi
italiani risalgono al 1833 e
1840. Turner, era ormai maturo,
aveva ormai sostituito la luce alle linee e il colore al disegno. Era la fase
della luce, descritta nella sua
complessità a discapito di forme riconoscibili. Fase di una pittura che
prefigura l’impressionismo e addirittura l’astrattismo. Un’evoluzione pittorica
quella di Turner che ci racconta l’esperienza di un pittore immerso in un viaggio continuo, un
viaggiatore che ha fatto tante partenze senza mai un ritorno.
MValenza 2020
dai un'occhiata http://www.treccani.it/enciclopedia/william-turner/
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