CONSIGLI PER LA QUARANTENA : GLI OBJETES DOMESTIQUES CLAUDE CAHUN

 


CONSIGLI PER LA QUARANTENA :
 GLI OBJETES DOMESTIQUES CLAUDE CAHUN
 di LLeonardo

Claude Cahun, all’anagrafe Lucy Renée Mathilde Schwob, nasce a Nantes nel 1894 e muore a Saint Hellier, sull’isola di Jersey, nel 1954. Ha vissuto tempi storicamente duri e le sue scelte di vita, in un momento così particolarmente difficile, non le hanno certamente semplificato le cose.

Tra le poche donne annoverate nella cerchia Surrealista di inizio ‘900, dichiaratamente lesbica, attiva nella Resistenza francese Claude Cahun è stata scrittrice, traduttrice, fotografa e attrice. In lei produzione fotografica e letteraria sembrano essere due facce della stessa medaglia, difficilmente analizzabili in maniera separata.

A Parigi, dove si trasferisce con la compagna di vita Marcel Moore (pseudonimo di Suzanne Malherbe), frequenta assiduamente, tra gli altri, Man Ray e Andrè Breton. Ed è proprio sotto il suggerimento di quest’ultimo che, nel 1936, realizza la fotografia “Un air de famille”, in mostra all’Esposizione Surrealista di Oggetti di Parigi nel maggio di quello stesso anno e alla Burlington Gallery di Londra.
 
Quest’opera fotografica è un’insieme piuttosto articolato di objets domestiques, che rappresentano per l’artista una sorta di compendio del proprio mondo.
Un piccolo letto, sul quale viene appoggiato un velo sorretto da una corona di fiori, è ricoperto di vari oggetti sparsi in modo apparentemente casuale. Al centro, un foglio riporta un messaggio conciso, realizzato con una calligrafia quasi infantile, si potrebbe dire da scuola elementare. La scritta riportata è un gioco di parole in cui l’artista evoca la figura dell’angelo – immagine protettiva e perturbante al tempo stesso – riallacciandosi al verbo manger, mangiare.
L’artista, che avrà un rapporto molto particolare col proprio corpo, spesso oggetto delle sue opere, era infatti solita servirsi di tecniche di digiuno derivate dalle pratiche dello yoga. Anche se qui la sua immagine non si vede, fra gli oggetti sparsi sul lenzuolo l’artista sta raccontando di sé, delle proprie ansie e paure, del senso di inadeguatezza nei confronti della sua famiglia di origine; una famiglia di estrazione altoborghese, con la quale avrà un rapporto incentrato sulla volontà di voler apparire a tutti i costi perfettamente autonoma e indipendente.

C’è un aspetto particolarmente interessante in quest’opera: l’attenzione che Cahun pone sugli oggetti semplici che ci circondano, gli objets domestiques appunto. Come se questi parlassero di noi, del nostro presente, del nostro passato e – perché no – del nostro futuro. L’artista, infatti, ci invita a fare attenzione a questi oggetti domestici, ad ascoltare la loro voce. Piccole cose che passano quotidianamente inosservate ai nostri occhi, sembrano detenere una sorta di potere magico, in grado di riconnetterci con la realtà esterna e di restituirci un nuovo modo di vederla. Uno sguardo capace di rinascere ogni volta in maniera diversa, come una sorta di frattura, di disordine nell’ordine stabilito.

Il consiglio, in questi tempi di quarantena forzata (e dovuta), è quello di provare a guardarci di più intorno, ad osservare gli oggetti di cui abbiamo deciso di circondarci o che più semplicemente ci sono capitati in casa. Chissà che non abbiano dei suggerimenti da darci, qualcosa da dirci su noi stessi e gli altri.

Sicuramente potrebbero aiutarci ad ingannare il tempo e a pensare a questa situazione in modo più creativo e costruttivo.


Su Claude Cahun dai un’occhiata a:
http://www.claudecahun.org


LucreziaLeonardo2020 

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