WILLIAM MORRIS E L'INVENZIONE DEL DESIGN








TRASFIGURARE GLI SPAZI DOMESTICI:
WILLIAM MORRIS E L'INVENZIONE DEL DESIGN

di SBarsotti

 
L’inglese William Morris nasce nel 1834 a Walthamstow, nella parte orientale di Londra, e muore a Hammersmith, sempre nella municipalità londinese, a ovest, nel 1896. La sua vita si svolge in una Londra in piena espansione industriale e ha soli tre anni quando il paese entra nella cosiddetta ‘età vittoriana’, che molto incentiva la crescita della città come prima metropoli al mondo e sede dell’economia di una delle più tenaci potenze capitaliste.

Descritto come fisicamente tarchiato e grassoccio, goffo e grottesco, ma dotato di innata sensibilità estetica, Morris è considerato il padre del moderno design.

Oltre alla “canonica” pittura ad olio che lo vide partecipare al gruppo dei ‘Preraffaelliti’ (con cui ritrasse a più riprese la bella e spaventosa ‘Janey’, sua moglie, icona di bellezza femminile dell’intero gruppo), il suo estro sconfinò dalla decorazione del giardino all’arte tessile e del ricamo, dall’incisione su pietra all’intaglio su legno, dalla cucina alla modellatura su argilla, per poi spaziare dalla doratura alla stampa con caratteri mobili su pergamena.

Queste passioni, coltivate in maniera vorace e ogni volta con risultati eccellenti, fanno di Morris il prototipo di artista eclettico e artigiano inquieto. Ed è proprio il coté puramente “artigianale” della sua personalità, il suo essere “uomo d’officina”, a conferirgli un ruolo del tutto paragonabile alla figura medievale dell’ artifex, «colui che crea». 
Esattamente in questo modo (e Morris, bisogna pur dire, traeva dal Medioevo gran parte della sua ispirazione), le sue mani si posarono sugli oggetti circostanti, trasformandoli, imprimendo sulla loro superficie le impronte di una personalità forte e volitiva.
La casa in cui trascorse gli anni centrali della sua vita, la cosiddetta Red House, fu un’eccelsa opera di armonie fatte di mattoni rossi e piante rampicanti verdeggianti e fiorite.

La formazione artistica di Morris si era compiuta a Oxford, dove ebbe origine il lungo sodalizio con Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones, Ford Madox Brow e Philip Webb; con questi amici avrebbe fondato più tardi l’azienda Morris, Marshall, Faulkner & Company (Morris & Co). È durante questi anni di Oxford che Morris conobbe la moglie Jane Burden, donna diafana e bellissima, soggetto privilegiato di Gabriel Rossetti, di cui ella finì per innamorarsi sotto gli occhi del marito. Di umilissime origini, Jane fu eletta fin da subito simbolo della bellezza ideale ricercata dal gruppo preraffaellita.
L’effetto perturbante di Jane ritratta dall’amico e rivale Rossetti non scoraggiò l’atteggiamento tollerante (e sublime!) di Morris nei confronti della loro relazione. Rossetti abitava sotto il loro stesso tetto, e per un lungo periodo l’amicizia tra i due si mantenne pressoché immutata. Mi piace ricordare come in questo periodo della sua maturazione artistica vada a collocarsi il famoso ritratto della moglie nelle vesti del personaggio medievale di Isotta, dove una Janey quasi sgraziata – eppure divina – viene immortalata nelle vesti di Isotta all’interno di una stanza con il letto disfatto (immagine sotto); si dice che da qualche parte, sul quadro, Morris abbia scritto: «Non ti so dipingere, ma ti amo», dedica in cui si potrebbe scorgere l’inquietante germe di un’ irrisolvibile incomunicabilità – erotica e artistica insieme – con la donna.
 
 
Jane Burden come La Belle Iseult, W. Morris, (olio su tela), 1874; Tate Gallery, Londra

 
Ben presto Morris si liberò del ‘preraffaellismo’, delle figure eteree e degli animali. Il suo spirito tendeva spontaneamente verso la natura e verso l’imitazione dei suoi motivi, delle sue geometrie.
L’invenzione del design da parte di Morris coincide con la fondazione del movimento Arts and Crafts, di cui gli amici di Oxford entrarono a far parte. Animato da ideali di tipo socialista, scopo del gruppo è battersi per la valorizzazione dell’oggetto artigianale contro la spersonalizzazione industriale. La produzione seriale generava sempre più lo scadimento dell’oggetto quotidiano, avvalendosi del fatto che, grazie alla sua competitività sul fronte economico, poteva raggiungere tutte le classi sociali. A Morris si deve il tentativo di opporsi a questo processo, mediante il rinnovamento e il recupero delle arti e dei mestieri e la loro riproposizione sul mercato a prezzi ragionevoli.
Alla moglie Morris aveva insegnato a cucire: ai tempi d’oro della loro storia, chiusi nella loro splendida casa, erano già, marito e moglie, una piccola azienda creativa e industriosa. 

Evenlode, W. Morris, tessuto, 1883-1900; Cincinnati Art Museum, Usa

 
Il girasole a fiore doppio […] è una pianta noiosa, dal colore dozzinale, mentre il girasole classico […] è interessante e bello, con il capolino giallo minuziosamente cesellato, messo in rilievo dallo strano centro a tinte tristi, intasato di miele e assediato da api e farfalle. 


Trellis, W. Morris (carta da parati); Metropolitan Museum of Art, New York, NY
 
La filosofia di questa azienda dal forte spirito cooperativista ci può esserci particolarmente utile: ci ricorda che le nostre mani – queste colpevoli: le avremo mai lavate a sufficienza?  – possono generare qualcosa di inedito e prezioso, e al tempo stesso alla portata di tutti; ci ricordano che, chiusi nelle nostre stanze – fermatosi il mondo, impossibilitati ad acquistare merce seriale – non ci resta che farci ‘artefici’ del nostro spazio, del nostro giardino, del nostro benessere spirituale.

«Non copiate alcuno stile» diceva Morris «bensì createne uno vostro».

Decorare e abitare lo spazio che ci circonda, valorizzarlo, farlo nostro: merce rara, e, soprattutto, senza prezzo.



*Nota bibliografica: gran parte delle notizie e le citazioni dei testi sono tratte da: A.S. Byatt, Pavone e rampicante. Vita e arte di Mariano Fortuny e William Morris, Torino, Einaudi, 2017; Enciclopedia Treccani, voci ‘William Morris’, ‘Arts and crafts’; Immagini da Google Arts and Culture 





SusannaBarsotti2020 




 

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