RAFFAELLO, UN ARTISTA POP
RAFFAELLO, UN ARTISTA
POP
di MValenza
Ieri,
6 aprile 2020, è stato l’anniversario di
morte, e forse di anche di nascita, di uno dei più grandi artisti che l’umanità
abbia mai conosciuto, di un enfant prodige della pittura, di un uomo che con le
sue opere ha aperto un angolo di parnaso per renderlo visibile. Esattamente
cinquecento anni fa, moriva in una stanza dei Palazzi Vaticani Raffaello
Sanzio, lasciando - e lasciandoci - privi di colui che aveva incarnato l’artista ideale. Nato e formatosi a Urbino, maturato a Firenze e consacrato a Roma, Raffaello è un pittore che più o meno approfonditamente, conosciamo tutti. Qualcuno – fortunato - ha visto le sue opere dal vivo, molti di noi lo hanno studiato nei libri e tutti almeno una volta abbiamo visto una sua opera, o parte di essa, riprodotta nei social o nei gadget nei bookshop dei musei. Una personalità popolare, che al pari di una star o di una pubblicità, circonda e riempie il nostro quotidiano. Questa fama è certamente aumentata a dismisura nei secoli, ma già nei primi anni del Cinquecento, quando l’artista era ancora in vita, circolava e cresceva a suon di affreschi, pale d’altare e ritratti. Popolarità dovuta certamente all’altissima qualità delle opere ma anche alla grande mole di lavoro che Raffaello seppe gestire una volta arrivato a Roma. Capacità che permisero all’artista di lavorare su più fronti. Egli, al pari della Factory di Andy Warhol , seppe organizzare una rigogliosa bottega composta da giovani talenti come Giulio Romano e Pierin del Varga, allievi che lavoravano seguendo le direttive e i cartoni preparatori del maestro. Ma Raffaello faceva più che aumentare la propria fama attraverso i lavori commissionati da papi, banchieri e nobili; egli la moltiplicava attraverso uno spirito di marketing al parti - o forse meglio - di un Jeff koons o di un Damien Hirst. Spirito imprenditoriale che permise ad opere come il Paranaso o la Scuola di Atene di uscire dalle Stanze Vaticane per raggiungere le abitazioni di personalità, che certamente non potevano permettersi un dipinto dell’artista. Raffaello infatti, veggente e lungimirante, comprese il potere della stampa e di quanto questo mezzo avesse un ruolo fondamentale per diffondere il suo linguaggio pittorico. Per fare ciò l’urbinate si affidò all’incisore bolognese Marcantonio Raimondi, che, attraverso xilografie e incisioni su rame, riprodusse opere e disegni raffaelleschi, iniziando così a diffondere in Italia ed in Europa le creazioni partorite dalla mente del pittore. Ma queste incisioni, importanti come detto per la diffusione in larga scala, ci fanno anche comprendere l’iter creativo dell’artista. Infatti riproducendo anche alcuni disegni preparatori, le incisioni ci consentono di vedere come un’opera d’arte nasce, e come, attraverso un confronto con l’opera terminata, sia stata modificata dalla mente dell’artista. Insomma un nuovo aspetto, quello imprenditoriale, sconosciuto da molti, che ci fa andare al di là del Raffaello pittore, e che ci fa scoprire una nuova faccia di una personalità di cui tanto si sa, ma che come le sue opere non smette mai di meravigliare e stupire.
Sanzio, lasciando - e lasciandoci - privi di colui che aveva incarnato l’artista ideale. Nato e formatosi a Urbino, maturato a Firenze e consacrato a Roma, Raffaello è un pittore che più o meno approfonditamente, conosciamo tutti. Qualcuno – fortunato - ha visto le sue opere dal vivo, molti di noi lo hanno studiato nei libri e tutti almeno una volta abbiamo visto una sua opera, o parte di essa, riprodotta nei social o nei gadget nei bookshop dei musei. Una personalità popolare, che al pari di una star o di una pubblicità, circonda e riempie il nostro quotidiano. Questa fama è certamente aumentata a dismisura nei secoli, ma già nei primi anni del Cinquecento, quando l’artista era ancora in vita, circolava e cresceva a suon di affreschi, pale d’altare e ritratti. Popolarità dovuta certamente all’altissima qualità delle opere ma anche alla grande mole di lavoro che Raffaello seppe gestire una volta arrivato a Roma. Capacità che permisero all’artista di lavorare su più fronti. Egli, al pari della Factory di Andy Warhol , seppe organizzare una rigogliosa bottega composta da giovani talenti come Giulio Romano e Pierin del Varga, allievi che lavoravano seguendo le direttive e i cartoni preparatori del maestro. Ma Raffaello faceva più che aumentare la propria fama attraverso i lavori commissionati da papi, banchieri e nobili; egli la moltiplicava attraverso uno spirito di marketing al parti - o forse meglio - di un Jeff koons o di un Damien Hirst. Spirito imprenditoriale che permise ad opere come il Paranaso o la Scuola di Atene di uscire dalle Stanze Vaticane per raggiungere le abitazioni di personalità, che certamente non potevano permettersi un dipinto dell’artista. Raffaello infatti, veggente e lungimirante, comprese il potere della stampa e di quanto questo mezzo avesse un ruolo fondamentale per diffondere il suo linguaggio pittorico. Per fare ciò l’urbinate si affidò all’incisore bolognese Marcantonio Raimondi, che, attraverso xilografie e incisioni su rame, riprodusse opere e disegni raffaelleschi, iniziando così a diffondere in Italia ed in Europa le creazioni partorite dalla mente del pittore. Ma queste incisioni, importanti come detto per la diffusione in larga scala, ci fanno anche comprendere l’iter creativo dell’artista. Infatti riproducendo anche alcuni disegni preparatori, le incisioni ci consentono di vedere come un’opera d’arte nasce, e come, attraverso un confronto con l’opera terminata, sia stata modificata dalla mente dell’artista. Insomma un nuovo aspetto, quello imprenditoriale, sconosciuto da molti, che ci fa andare al di là del Raffaello pittore, e che ci fa scoprire una nuova faccia di una personalità di cui tanto si sa, ma che come le sue opere non smette mai di meravigliare e stupire.
dai un'occhiata a http://www.treccani.it/enciclopedia/raffaello-sanzio/
MarcoValenza2020
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