RITROVARSI IN QUADRO DI DE CHIRICO




 RITROVARSI IN QUADRO DI DE CHIRICO

di MValenza

È passato un mese, e in previsione un altro ne passerà prima di poter ritornare gradualmente alle vecchie  abitudini. In questa complicata fase di reclusione che ci attende e che  abbiamo vissuto,  settimane e giorni sono trascorsi  e trascorreranno lenti, spesso monotoni, privi della leggerezza che riempiva quei momenti  in cui il virus era solo un eco lontano. A parte chi continua eroicamente a lavorare uscendo di casa tutti i giorni, la maggior parte di noi italiani è stretta nelle  quattro mura casalinghe, che  proteggono  ma che ci isolano. Ed ecco dunque che l’unico momento di “libertà”  diviene l’uscita nel quartiere con il cane oppure la necessità di andare in luoghi come farmacie o supermercati. In queste sporadiche e brevi uscite, percorriamo a piedi il nostro quartiere o ancora in macchina le strade conosciute, spazi  che ci appaiono familiari ma allo stesso tempo irriconoscibili. Ecco che di colpo non percorriamo più la realtà, ma  piuttosto siamo immersi in una dimensione  metafisica, diventando cosi abitanti di non-luoghi,  passanti per caso trasformati nei personaggi enigmatici dipinti da De Chirico.
Padre della pittura metafisica, greco di nascita ma italiano d’adozione, Giorgio De Chirico è uno degli artisti che ha saputo rappresentare l’Italia nel panorama europeo di  primo Novecento.  Formatosi tra  Grecia,  Germania e Italia, autonomo dalle avanguardie  novecentesche, l’artista è sempre stato  legato alla tradizione classica che ha saputo rielaborare attraverso una poetica onirica e misteriosa. Pittura  che si manifesta a partire dal  soggiorno fiorentino del 1910, fase in cui  il giovane De Chirico inizia a dipingere  le “piazze d’Italia”. Opere queste, piene di enigma e silenzio, mettono in scena visioni in cui rigorosi e lineari edifici classici sorgono su strade che, dominate da ripide prospettive, ci conducono alte verso luoghi aperti, inondati da una luce netta e analitica, dove spesso la presenza umana è manifestata da  piccole sagome immobili che attendono vanamente qualcosa. Protagonisti di questi luoghi, di queste piazze appunto, sono  delle  misteriose  statue classiche che dominano il centro dello spazio e che proiettano lunghe e sinistre ombre sul selciato. Ma con una visione più attenta ci accorgiamo che gli edifici  sono costituiti  da forme geometriche pure, prive d’entrate e scandite da finestre e portici sproporzionati,  e dunque inadatte alla funzione abitativa;  le strade  diventano percorsi  impossibili da intraprendere, mentre  le piazze, luogo normale d’incontro sociale, diventano deserti dominati da un silenzio assordante, dove tutto è statico ed enigmatico.  Dunque un soggetto che, in apparenza, rappresenta la realtà  muta in altro. Staccandosi da una raffigurazione autoreferenziale il paesaggio cittadino si  trasforma nell’eterno luogo dell’enigma. De Chirico ci pone delle domande senza risposta che ci portano a interrogare la natura della città e dei suoi rapporti con l’uomo. Stessi interrogativi che ritroviamo in questo periodo complicato, dove la realtà ci sembra alterata, il tempo passa lento e noi diventiamo personaggi isolati che, come i soggetti delle piazze metafisiche, percorriamo dei non-luoghi che un tempo erano luoghi in attesa che tutto passi.


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MarcoValenza2020 


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